di Simone Merola C’è una domanda che mi accompagna da anni, ogni volta che mi siedo davanti a un cliente: “Cosa consiglierei se fossi al suo posto?” Non è una domanda retorica. È la bussola che orienta il mio modo di essere consulente, ogni giorno. Nel nostro settore, troppo spesso si parla di “vendite”, “obiettivi”, “conversioni”. Ma la verità è che una consulenza efficace non nasce dal prodotto. Nasce dalla relazione.
La differenza tra proporre e spingere Il cliente oggi è più consapevole, più informato, più esigente. Non ha bisogno di qualcuno che gli elenchi le caratteristiche di una polizza. Ha bisogno di qualcuno che sappia ascoltare, semplificare, mettersi nei suoi panni. Essere consulente significa avere il coraggio di non vendere, quando non serve. Significa dire: “Non è il momento” oppure “Meglio aspettare”. E questa è una forza, non una debolezza.
L’etica come leva competitiva Spesso si pensa che “etica” e “performance” siano in contrasto. Io credo il contrario: un consulente etico dura di più, ha clienti più fedeli, costruisce reputazione. E oggi, nel rumore del mercato, la reputazione è l’unica cosa che non si può comprare. Ho conosciuto colleghi che hanno costruito carriere solide proprio perché non hanno mai tradito la fiducia del cliente, nemmeno quando la pressione sugli obiettivi era alta.
Domande che fanno la differenza Ecco alcune domande che uso spesso, prima ancora di parlare di polizze: Non sono domande “da venditore”. Sono domande da alleato. Perché un consulente etico non si mette di fronte. Si mette di fianco.
Conclusione: scegli chi vuoi essere Oggi il nostro settore è in trasformazione. Tecnologia, normative, nuovi competitor: tutto cambia in fretta. Ma una cosa resta: il valore di chi sa essere presente davvero, con competenza e onestà. Essere consulente, nel 2025, non è questione di ruolo. È una scelta quotidiana. Una postura interiore. È decidere, ogni giorno, che il cliente viene prima di tutto.
